Pubblico l’e-mail pervenuta da una giovane donna che ha scoperto, terminata una complessa relazione, il rapporto di codipendenza che la legava al suo ragazzo. Per ovvie ragioni i nomi e i riferimenti sono stati modificati. Ringrazio la paziente per aver dato il suo consenso alla pubblicazione, utile contributo per chi si trova all’interno di una relazione di dipendenza affettiva.
Rimando agli altri miei articoli sulla dipendenza affettiva per approfondimenti.
Buongiorno dottor Floriani,
le scrivo questa mail perchè mi sono imbattuta in suo articolo sulla codipendenza che mi ha risvegliato una serie di brutti ricordi che non mi lasciano pace. Due anni fa ho chiuso una relazione di 4 anni, il mio primo amore (dai 22 ai 26), intenso e drammatico. Nonostante sia passato così tanto tempo io sono ancora alla ricerca di un senso di quello che tristemente è stato poi il destino del nostro percorso. Lui sin da giovane (15 anni) frequentava gente più grande dipendente da sostanze, che lo hanno messo in mezzo ai classici casini (polizia, denunce, situazioni gravi). E’ sempre stato affascinato da questo mondo, ha iniziato a usare in maniera ricreativa molto presto e i suoi interessi ruotavano intorno agli psichedelici in maniera quasi ossessiva. Poi si è trasferito a Milano, dove ci siamo conosciuti. In quel periodo faceva molte feste, utilizzava speed, md, oppio, raramente eroina fumata o sniffata e cocaina. Siamo andati a convivere dopo un anno bellissimo, quando avevamo 23 anni e li tutto è andato a rotoli. Io sapevo che recentemente con alcuni amici fumava il crack, ma avendolo sempre visto sul pezzo rispetto alle sostanze, sempre con il controllo (quando assumeva sostanze non si notava mai da fuori, il suo viso non mostrava mai), io non ho capito cosa stesse succedendo. Tuttavia non tornava mai a casa, era sempre fuori, mi tirava i pacchi, evitava di stare solo con me, non facevamo più l’amore. Fino a una sera, in cui è tornato in casa di notte e si è chiuso in cucina per fumare mentre io, richiamata dal rumore della bottiglia accartocciata che stava gonfiando, sono andata alla porta sbattendola e urlandogli di aprirmi. Quando mi apre vedo questa figura bianca pallida, smagrita, con le pupille dilatate dal desiderio (quel desiderio sessuale che non riusciva più a provare per me per via di problemi di erezione!). Guardi, quelle pupille io le ricordo nitidamente. Sono forse la rappresentazione più chiara di tutto quello che stava accadendo… ho i brividi a ricordarle e sono il motivo per cui poi sono andata in terapia. Gli urlai che mi faceva schifo, ero fuori di me… e lui continuava a fumare guardandomi e dicendo: “dimmi che faccio schifo, dimmelo, guardami mentre fumo e dimmi che faccio schifo”. Io non posso dimenticare quel momento. A cui ne sono seguiti altri ma che prenderebbero altre mille pagine. Ho capito che aveva un’amante, la cocaina, e sono diventata matta. Lo amavo follemente, sono restata con lui, ma ero matta: controllavo ogni giorno nella spazzatura, contavo gli stuzzicadenti e i metri di carta stagnola, piegavo i cucchiai per vedere se li utilizzava. Poi me ne sono andata da casa ma siamo rimasti insieme. Pare che gradualmente abbia smesso, io da parte mia non ho saputo però gestire la situazione: la riduzione del danno è facile sino a quando non sono i tuoi cari. Quando lui mi diceva di essere contento che in settimana lo aveva fatto “solo” una volta, io diventavo matta. Con il tempo veniva fuori che il periodo in cui aveva abusato era sempre un po’ più lungo di come aveva detto la volta precedente. Tuttavia sono certa che a un certo punto abbia smesso, perchè per esempio durante il primo lockdown eravamo insieme e lui era sempre a casa, 24 ore su 24, a studiare. Nonostante il periodo fosse finito, la storia poi non è tuttavia migliorata: lui aveva sensi di colpa per aver buttato via un anno di università, di aver usato tutti i suoi soldi, è andato in depressione, era strano, a letto non funzionava più nulla. Mai una vacanza insieme, mai un momento bello insieme. Ma in tutto questo, pareva, ci fosse amore per me. Poi l’ho lasciato, dopo essermi laureata, dopo aver iniziato a lavorare e aver conosciuto gente e situazioni nuove, fresche, che sono state come aprire una finestra in primavera. Con il tempo mi sono resa conto di come in diverse situazioni lui mi avesse manipolata: “ma amore, a me piacerebbe fumare con te presente, lo faccio solo una volta ogni tanto… mi devo sempre nascondere perchè tu ti arrabbi e non capisci”, oppure “non capisco perchè soffri tanto per me, nessuno ha mai sofferto per me” o altre volte in cui andava a fumare in bagno e poi veniva da me alterato. Oppure mi rimproverava di “essere come sua madre” quando gli stavo addosso… ma io gli stavo addosso perchè non capivo! Stavo male, non c’era per me, io non capivo, ero in paranoia costante! Altrimenti ancora, prima di chiudere la convivenza, mi disse che stava male così perchè per lui tornare a casa da me era un’ansia, mentre avrebbe voluto poter tornare a casa felice di incontrarmi. Ma io dove ho sbagliato? Si, ho creato situazioni di ansia, è tutto vero. Ma sempre per via di questa situazione… o almeno, io penso siano andate così le cose, ma poi quando ci ripenso mi metto in discussione e penso di aver sbagliato, di essere stata pesante e…. ESAGERATA. Dopo averlo lasciato , circa un anno e mezzo dopo, quindi poco tempo fa, ho saputo che l’ultimo anno è stato molto male, ha iniziato a fumare eroina e sta andando al serD. Io invece sono andata in terapia perchè avevo paura di non superare la rottura […].
Ho sofferto tantissimo, e mi chiedo se questa sofferenza sia lecita perchè in realtà era lui ad avere questo problema e il male più grande dentro di sè, con tutti i suoi problemi […].
Ho timore che il suo non fosse vero amore per me, stando a quanto si sente spesso dire… che chi ha una dipendenza, non può amare. Dò la colpa a lui di tutto, di come è finita. E’ il mio modo per dare un senso alla rottura: il suo dolore è il senso. Ma mi affliggo ancora, perchè mi domando quanto in questa storia sia anche colpa mia. Dove ho sbagliato, quanto non sono stata giusta. Ho dato il peggio di me, perchè più lui si allontanava più io mi annullavo per lui, non uscivo, lo aspettavo tutte le notti sveglia, era sempre il mio primo pensiero….in maniera ossessiva…. non pensavo di essere così, sono molto preoccupata di questa versione di me. Non esistevo più. Mi convincevo di essere sbagliata, di essere una fidanzata rompipalle e bacchettona, che avrei dovuto essere diversa, più “scialla”, più “teknoraver” e festaiola, e perchè no, fumarmi il crack insieme a lui. Pensavo questo, non mi ascoltavo. E per uscirne, mi dico che era lui che mi aveva fatto diventare così. Ma metto ogni giorno in dubbio questa interpretazione “a mio favore”, arrivando così alla conclusione che in realtà il suo non era amore e che io ero sbagliata per lui.
Se lo ripenso, ancora il suo volto ha la forma di amore per me. Non riesco ad avere altre storie. Tuttavia provo immensa rabbia perchè ancora non riesco a dare un senso alla fine della storia se non attribuendola al suo dolore immenso. E provo rabbia perchè, guardandomi indietro, ho la sensazione di aver perso, letteralmente perso e buttato via sotto tutti i punti di vista, 3 anni della mia vita. Ho sacrificato tutto quello che sognavo di fare per stare con lui a non fare nulla, ad aspettare che il suo dolore finisse. Molto banalmente, così è andata.
Chissà quante storie ha sentito così, è stato un sollievo leggere articoli che parlano proprio di questa condizione.
La ringrazio per lo spazio di sfogo.