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Bambini a casa

Articolo di Cinzia Leone *

Sono trascorse ormai alcune settimane da quando le norme entrate in vigore a seguito della diffusione del Coronavirus, hanno chiuso le scuole e tutte le attività non essenziali, obbligando la maggior parte di persone a stare a casa. In particolare per chi ha figli piccoli ciò può essere molto impegnativo, ancor più se si è soli e se si deve lavorare da casa.

E’ vero i bambini hanno un forte bisogno di movimento e non in tutte le case ciò è possibile; a molti di loro possono mancare alcune abitudini, in particolar modo la relazione con i nonni e gli altri familiari (se erano punti di riferimento per i bambini), gli amici e con alcuni compagni di classe, in alcuni casi il rapporto con le maestre e in generale i contatti creati nell’ambito delle varie attività ludiche, sportive, culturali che seguivano.

Tuttavia può rassicurarci sapere che, nell’infanzia, i bambini desiderano più di ogni altra cosa stare e giocare con i genitori, sono rassicurati dalla loro presenza e contemporaneamente sono connessi alle loro emozioni.

In questi giorni si parla molto delle possibili conseguenze psicologiche nei bambini per questa chiusura a casa forzata. Potremmo notare una maggiore aggressività e un aumento dei loro capricci. Ciò che sicuramente possiamo fare da subito è prenderci cura del nostro stato d’animo, di come noi stiamo vivendo questo sradicamento dalle nostre abitudini, questo isolamento sociale e le preoccupazioni sanitarie ed economiche, perché le nostre emozioni, il modo in cui viviamo ed affrontiamo questo difficile periodo (e quello che verrà) agiscono fortemente sul benessere psicofisico dei bambini.

E’ importante ricordare che i bambini prestano sempre molta attenzione ai genitori anche quando sembrano distratti dal gioco. Sentono come stiamo guardandoci, ascoltano la nostra voce quando ci rivolgiamo a loro ma anche quando le nostre comunicazioni sono dirette ad altri, ci osservano e vedono il nostro modo di relazionarci in famiglia. Soprattutto in famiglia poco sfugge loro in termini di comunicazioni e soprattutto di emozioni.

Occuparci di noi diventa allora occuparci di loro, significa prenderci almeno un poco di tempo giornalmente per chiederci come stiamo adesso, quali sono le nostre risorse e le nostre difficoltà, attivandoci nel chiedere aiuto se sentiamo di averne bisogno. Sulla pagina facebook dell’Agenzia per la Famiglia è disponibile un elenco di enti e associazioni che in questa situazione di emergenza sono disponibili gratuitamente a supportare le famiglie su molteplici fronti.

Nel ruolo di genitori è inoltre importante aiutarli a creare coerenza tra ciò che percepiscono (ad esempio il nostro stato d’animo) e la realtà, prestando alcune attenzioni:

– essere noi a rassicurare loro perché quando i bambini ci vedono in difficoltà tendono a invertire i ruoli mettendosi a rischio di sovraccarico emotivo;

– utilizzare un linguaggio rispettoso della loro età, senza adultizzarli o iper-proteggerli. A tutti i bambini, indipendentemente dalla loro età, è importante dire la verità; ciò che va modulato è  il livello di definizione dei contenuti.

– non condividere i nostri pensieri ed emozioni con loro alla pari, come sfogo personale.

In generale per stare bene con i bambini, e quindi anche per gestire i loro capricci, il primo passo è spostare il nostro focus di attenzione da loro e dalle loro caratteristiche, a noi e al nostro modo di stare in relazione con loro.

Prima di diventare genitori è difficile comprendere davvero la complessità del ruolo e dello stare in una relazione educativa con i figli, pertanto è facile attivare idealizzazioni. Prima di avere figli, quali pensieri ed emozioni si possono attivare osservando un bambino fare a lungo capricci? Ad esempio potremmo immaginarci gestire diversamente (in modo più severo, più dolce, ecc.) ma comunque più efficacemente quella situazione.

E’ importante sapere che sono molti gli aspetti che influenzano il modo di essere genitori. Brevemente alcuni di essi sono: la storia e le caratteristiche personali dell’adulto (tra le quali la capacità di stare in contatto con le proprie emozioni e controllare le reazioni), il temperamento del bambino, le dinamiche del nuovo nucleo familiare (compreso il rapporto tra i genitori) e della famiglia di origine (è utile in particolare approfondire le risposte familiari ad eventi traumatici quali ad esempio lutti, malattie fisiche e mentali),  i modelli educativi ricevuti (in particolare quelli del genitore dello stesso genere), le situazioni lavorative, economiche, sociali e in generale le problematiche che la persona sta affrontando che possono essere proprie della fase del ciclo di vita cui appartiene o dovute ad eventi esterni imprevisti.

Nonostante l’ampia variabilità di come ognuno può esprimere la propria genitorialità (l’essere più o meno pazienti, permissivi, affettuosi, ansiosi, ecc.), nella relazione con i figli tutti i genitori vivono, prima o poi, esperienze di inadeguatezza, impotenza, rifiuto, situazioni nelle quali il bambino si dimostra ingestibile e che possono scatenare in noi intense emozioni.

Entrare in contatto con le emozioni che si attivano in noi quando siamo in relazione con i nostri figli, prenderne consapevolezza e imparare a gestirle, è il secondo passo del lavoro pedagogico che propongo alle famiglie per gestire i capricci dei bambini.

In generale nelle relazioni liberarsi da comportamenti reattivi di tipo emotivo, permette ad ognuno di individuare i comportamenti più funzionali da attivare nelle diverse situazioni.

La relazione con i figli, per essere più efficace, richiede un ulteriore passaggio, che è il confronto della coppia genitoriale per scegliere in modo specifico e coordinato le azioni familiari. Infatti, nessuno meglio dei genitori conosce i propri figli. Non sempre è facile ma essere in due può aiutare a fotografare in modo più oggettivo situazioni e dinamiche.

Abbiamo visto che nella relazione con i nostri figli è importante prenderci cura di noi e delle nostre emozioni, e anche fare attenzione al nostro modo di stare in relazione con loro e alle nostre reazioni emotive. Questi aspetti, infatti, sono fortemente legati tra loro e hanno ripercussioni sul benessere dei nostri bambini, poiché essi sono connessi alle nostre emozioni.

Vediamo ora altre informazioni sul funzionamento dei bambini insieme ad indicazioni pratiche per capire e gestire i cosiddetti capricci.

  1. IL COMPORTAMENTO OPPOSITIVO DEI BAMBINI NON CI DEVE SPAVENTARE, NON E’ UN VERO RIFIUTO E NON SIGNIFICA NECESSARIAMENTE CHE STIAMO SBAGLIANDO.

Esiste un periodo di vita del bambino, che normalmente inizia nel secondo anno, nel quale il piccolo inizia ad esprimere la sua volontà come soggetto separato dalla madre e per farlo utilizza l’espressione del “no”. Il bambino non asseconda più il genitore, come era solito fare fino ad allora; improvvisamente ad ogni indicazione o proposta di mamma e papà tende a rispondere con un no fermo che può spiazzare l’adulto.

Per scegliere i comportamenti funzionali da attivare in questa fase è importante conoscere la differenza di questo atteggiamento oppositivo del bambino da quello apparentemente simile che si presenta spesso durante l’adolescenza.

Se in generale la funzione dell’opposizione nelle due fasi è la stessa, ossia mettere in atto quel processo di separazione e distanziamento dai genitori che porterà il piccolo a diventare autonomo, il significato è diverso.

Durante l’infanzia il bambino desidera più di ogni cosa stare con i genitori che rappresentano per lui la maggior fonte di sicurezza e benessere.

Il suo “no” ha quindi un significato di prima differenziazione ed espressione della propria volontà. E’ il suo modo per dire ai genitori (e in particolare alla madre con la quale si trovava in un naturale legame simbiotico) “io non sono te”, “non siamo più una cosa sola”, “inizia a riconoscermi come altro da te”. E’ una prima spinta all’autonomia, ciò nonostante il bambino desidera profondamente stare con i genitori e sentirsi da loro amato. Per natura il bambino, infatti, deve stare vicino agli adulti di riferimento ancora a lungo per costruire, con il loro aiuto, gli strumenti per diventare un giorno autonomo.

Il “no” dell’adolescente ha un valore diverso, più forte, perché significa “non mi piace come sei te, mi sento completamente diverso in tutto, e per star bene ho bisogno di starti lontano e di stare solo con i miei amici che sono gli unici da cui mi sento capito; ho bisogno di avvicinarmi a te solo quando lo decido io”. Il compito di sviluppo dell’adolescente, infatti, è quello di prepararsi a separarsi realmente (e in teoria a breve) dai genitori.

Conoscere il significato evolutivo del “no” del nostro bambino può rassicurarci perché non ha un valore di rifiuto. E’ come se il bambino ci dicesse “cara mamma e caro papà, vi dico no perché devo farvi capire che non siamo la stessa persona, che io esisto separato da voi ma voglio stare con voi perché vi amo più di ogni altra cosa e ho bisogno di voi ancora per molto tempo per sentirmi sicuro e crescere”. E’ chiaro che è probabile che mamma e papà vivano diversamente questo messaggio e che per le madri, dopo l’esperienza fisica e mentale di essere una cosa sola con il proprio figlio, possano essere più in difficoltà e avere bisogno di tempi più lunghi per affrontare questa fase di separazione.

  1. I BAMBINI QUANDO HANNO SONNO, FAME O MALESSERE FACILMENTE ATTIVANO I COSIDDETTI CAPRICCI.

E’ importante sapere che il bambino, soprattutto se è piccolo, quando è stanco, ha fame, o non sta bene diventa scontroso, nervoso, si offende, si arrabbia, piagnucola o si dispera per qualsiasi cosa.

Questi non sono capricci ma l’espressione di un malessere al quale i genitori possono rispondere più facilmente all’interno di un’organizzazione della giornata strutturata sulla base di queste esigenze: il sonno e l’alimentazione del bambino.

Nella mia attività professionale, molti genitori mi contattano perché si trovano in difficoltà nel gestire i bambini che si comportano in modo poco o affatto collaborativo. Aiutandoli a riorganizzare la giornata nel rispetto di questi bisogni del bambino, i genitori normalmente verificano subito una diminuzione della frequenza dei capricci.

Allora, anche in questo periodo di quarantena, è importante fissare orari stabili per il pranzo. Per i bambini una finestra temporale che può rispondere bene alle loro esigenze è quella tra le 11.30 e le 12.30. L’orario specifico verrà scelto, se possibile, principalmente in base alla presenza o meno di uno spuntino di mezza mattinata (preferibilmente a base di frutta) e all’età del bambino. E’ utile sapere che i bambini al nido e alla scuola materna iniziano a mangiare tra le 11.30 e le 12 e solitamente ricevono la proposta di una piccola merenda mattutina.

Quando i bambini non mangiano a sufficienza a pranzo, o se durante la giornata si annoiano, tendono a chiedere ripetutamente cibo. Insegnare loro attraverso le regole a rispettare gli orari in cui alimentarsi migliorerà la loro gestibilità.

Evitare le molteplici merende e spuntini durante la giornata consente ai bambini di arrivare all’ora di cena nella migliore condizione per nutrirsi. I bambini saranno così naturalmente più predisposti ad assaggiare nuovi cibi e le verdure che possono, per tale motivo, essere presentate come antipasto in modo da farle precedere ai carboidrati, alimenti che soddisfano il loro appetito lasciando però poco desiderio di assaggiare altro.

In questo periodo, chiusi in casa tutto il giorno e con meno distrazioni, far rispettare questa regola richiede per i genitori uno sforzo maggiore ma produce velocemente i suoi effetti positivi diminuendo i capricci dei bambini, se riusciremo a dire “no” serenamente, senza arrabbiarci e permettendo loro di esprimere naturalmente la frustrazione che vivono nel sperimentare il limite posto dall’adulto alla loro volontà.

Se questo limite, definito da una regola, sarà chiaro, fermo e fatto rispettare tenendo sotto controllo le nostre reazioni, il bambino entro pochi giorni inizierà ad accettarlo facendolo diventare parte delle sue abitudini.

Spiegare una regola ad un bambino significa presentarla in modo diretto, semplice breve e chiaro, senza ricercare il loro consenso e la loro collaborazione attraverso lunghe spiegazioni sui motivi per cui la regola è stata inserita o sui benefici che essa produrrà. I bambini hanno bisogno di essere guidati e non coinvolti nei processi decisionali.

Allo stesso modo, durante e dopo questa lunga quarantena, sarà utile anche per il momento del riposo fissare orari prestabiliti che tengano conto delle esigenze dei bambini in funzione dell’età.

Se è vero che sono i genitori a dover decidere le regole giuste per i propri piccoli, è utile sapere che le prime ore della sera hanno una funzione riposante superiore a quelle successive. Quindi per limitare i capricci dei bambini dovuti alla stanchezza, porremo attenzione non solo alla quantità di ore di sonno dei nostri figli ma anche alla fascia oraria, scegliendo con la stessa cura e in modo non casuale per i più piccoli il momento del riposino diurno.

Durante l’infanzia (ma anche successivamente) si vede chiaramente come cambia il loro umore in funzione della quantità e dell’orario in cui vanno a dormire.

E’ vero che alcuni bambini possono avere delle difficoltà ad addormentarsi e su questo si può lavorare, aiutando sia i genitori che i bambini stessi.

Un’ulteriore situazione inevitabile e da tenere presente con i bambini è che quando stanno male fisicamente (con malattia manifesta o in fase di incubazione) è normale che siano più noiosi e “incollati” alla figura di riferimento di quel periodo di vita. Teniamo conto che soprattutto per i più piccoli il fastidio può essere causato da un semplice raffreddore che non consente loro di respirare normalmente o da una tosse che non gli ha permesso di dormire bene, così come da altri piccoli fastidi fisici. In questi casi per i genitori è molto faticoso perché è necessaria ancor più pazienza e tatto del solito per rispondere con attenzione ai loro bisogni.

  1. I BAMBINI HANNO BISOGNO DI POTER ESPRIMERE LE LORO EMOZIONI SENZA INTERFERENZE DA PARTE DEGLI ADULTI.

In generale i bambini funzionano bene negli ambienti regolamentati. Se le regole sono coerenti, rispettate da tutti, e se i genitori controllano le loro reazioni emotive, i capricci dei bambini si risolvono velocemente.

Spesso i genitori mi chiedono come devono comportarsi quando i bambini vanno in tilt emotivo. Ogni situazione è a sé e va approfondita a livello familiare ma le indicazioni generali sono:

– non preoccuparsi e non spaventarsi anche di fronte a reazioni forti.  E’ normale che i bambini non abbiano una maturità emotiva, cioè il controllo delle loro emozioni;

– tenere sotto controllo le reazioni alle proprie emozioni. Sono gli adulti ad avere o a doversi creare gli strumenti per farlo, se è necessario anche facendosi aiutare;

– lasciare esprimere le emozioni del bambino (rabbia, frustrazione, gelosia…) ponendo solo alcune limitazioni quali: non permettergli di danneggiare le persone, genitori compresi, (ad esempio, morsicando o colpendo con calci o pugni, ecc.) e le cose proprie e altrui;

– rassicurarli in attesa che la crisi emotiva passi, sentendoci liberi di allontanarci, dicendo ad esempio: “non ti preoccupare, ti aspetto di là per riprendere a giocare quando ti sarai calmato”.

Termino ricordando un concetto del pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, rassicurante per tutti noi genitori, ai quali non è richiesto di essere perfetti ma “sufficientemente buoni” e una frase incoraggiante tratta dal web che dice: “Non esistono genitori perfetti ma genitori veri che si stancano, a volte perdono la pazienza ed il giorno dopo provano a fare tutto con più amore”.

 

* Dott.ssa Cinzia Leone, Pedagogista, Consulente familiare, Co-fondatrice del Centro Medico Psicologico Pedagogico LiberaMente, Presidente ANPE Sede regionale Liguria.

Contatti: cinzia.leone@centroliberamente.it

 

Pedagogista Cinzia Leone – Prima parte

Pubblicato da Agenzia per la Famiglia – Comune di Genova su Sabato 11 aprile 2020

 

Pedagogista Cinzia Leone – seconda parte

Pubblicato da Agenzia per la Famiglia – Comune di Genova su Sabato 11 aprile 2020

 

 

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